TRA REPUTAZIONE E MARKETING

Una delle prime lezioni nel monastero è: "l'abito non fa il monaco". Perché? Le persone sono facilmente distratte dai sacri vestiti, dalle belle scarpe, dagli abiti su misura e dalle macchine costose. Ed è uno stratagemma usato molto dai criminali e da gente senza scrupoli, che usano la loro posizione di fiducia per commettere crimini contro l’umanità. Hanno bisogno che il pubblico venga distratto.
Un abito non fa un monaco, un camice bianco non fa un dottore, una tunica nera non fa un giudice, neanche un buon marketing potrà sostituirsi alla reputazione. Con l'abito, non si è immediatamente infusi con saggezza e comprensione. La saggezza viene piuttosto, da anni di ascolto delle persone, preghiera, riflessione e apprendimento per riconoscere il lupo nei vestiti delle pecore.
Perché ne parlo? Cosa c’entra l’abito con la sostenibilità?
Ne parlo perché molte organizzazioni, purtroppo oggi credono che la sostenibilità sia un’operazione di marketing (l’abito), la sostenibilità richiede sostanza, richiede reputazione che deve permeare l’intera organizzazione. La reputazione non si crea dal giorno alla notte. Citando Cassio, il celebre personaggio dell’”Otello” di Shakespeare, egli afferma che “la reputazione è la nostra parte immortale… e quando la perdi, nella mente della gente resta solo la parte peggiore di noi”.
Ne parlo perché negli ultimi anni ho avuto il privilegio di lavorare a contatto con moltissime persone, sia in incontri individuali sia in seminari collettivi. Ho attraversato il mondo in lungo e in largo, ho viaggiato in oltre 70 nazioni appartenenti ai 5 continenti parlando 7 differenti lingue. Ho lavorato con aziende, politici, professionisti, malati, sportivi, … Ho condiviso esperienze con camerieri, tassisti, capi di stato, imprenditori, dirigenti, netturbini, commessi, operai, casalinghe, studenti, genitori, insegnanti… In Europa come in America, in Africa come in Asia… ovunque la domanda è sempre la stessa: quale è il principio cardine della distinzione? Io non ho dubbi al riguardo, la distinzione richiede reputazione, da non confondere con le operazioni di marketing, si distingue chi riesce a lasciare una firma positiva nel nostro mondo. Si distingue quella persona che riesce a migliorare la propria vita (FELICE) e la vita altrui. Si distingue chi riesce ad apportare felicità conviviale. Si distingue chi riesce ad apportare miglioramenti nella nostra vita senza però rovinare la vita degli altri. Questi sono i presupposti della distinzione e della sostenibilità basata sulla reputazione.
Ne parlo perché la reputazione di un'azienda è essenziale per la sua sopravvivenza. La fiducia del consumatore può avere un effetto diretto e profondo sui profitti dell'azienda. Recentemente, l'importanza della reputazione è diventata sempre più evidente, in quanto aziende come BP e Toyota hanno dovuto coltivare le loro risposte alle crisi al fine di mantenere la reputazione e la reputazione delle loro aziende nel mondo.
In passato, le imprese facevano affidamento sul passaparola dei propri stakeholder al fine di stabilire, costruire e mantenere la loro reputazione. In questa era moderna di social networking, siti Web e altri metodi di comunicazione istantanea, le aziende devono essere coscienziose della loro reputazione su base costante e rispondere a qualsiasi crisi che possa avere un impatto sulla loro reputazione.
Ne parlo perché non possiamo più permetterci di ignorare l’insieme, con questa espressione intendo, il fatto che un’azienda può sopravvivere ai mutamenti che l’economia globale sta subendo solo se inserita all’interno di un sistema sociale e di un sistema ambientale con cui dialoga costantemente. L’organizzazione non può avere come unico obiettivo quello di realizzare profitto, ma deve necessariamente tener conto del contesto in cui opera. L’organizzazione, per generare risultati e avere un vantaggio competitivo nel medio periodo, deve impostare la propria strategia d’impresa “mixando” tre variabili, le cosiddette 3P: Profitto, Pianeta e Persone. Le 3P, una volta che saranno ancorate al core dell’azienda, saranno in grado di generare il successo dell’organizzazione nel breve periodo. Col termine “ancorare”, intendo che le 3P devono essere vissute realmente all’interno dell’impresa, non deve essere uno strumento di marketing, ma uno dei driver principali dell’impresa.
Ne parlo perché entro il 2020 il mercato comincerà a castigare severamente chi manca di rispetto alla gente e al pianeta. A parità di prezzo e di qualità, i consumatori, o meglio, le persone acquistano una marca di prodotto che supporta una buona causa condivisa. Le aziende che impostano il loro successo sulle campagne di marketing sul green washing (con il termine si indica l’ingiustificata appropriazione di virtù ambientaliste da parte di un’organizzazione finalizzata alla creazione di un’immagine positiva della stessa organizzazione per distogliere l’attenzione da proprie responsabilità nei confronti di impatti ambientali negativi.) non possono più sperare in un futuro prospero.
Ne parlo perché alla fine, tutto si riduce a persone e valori. Dobbiamo dare forma a un futuro che funzioni per tutti noi mettendo le persone al primo posto e responsabilizzandole. Nella sua forma più pessimista e disumanizzata, il progresso potrebbe davvero avere il potenziale per "robotizzare" l'umanità e quindi privarci del nostro cuore e della nostra anima. Ma come complemento delle parti migliori della natura umana - creatività, empatia, gestione - può anche portare l'umanità in una nuova coscienza collettiva e morale basata su un senso condiviso del destino. Spetta a tutti noi assicurarsi che prevale quest'ultimo.
Con amore rispetto ed umiltà,
vi ricordo di vivere con entusiasmo.