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Benvenuti nel mondo

Estratto dalla conferenza “Involution 4.0” del 26 febbraio 2016 alla silicon Valley e dalla conferenza “involuzione 4.0” del 27 Aprile 2017 ad Asolo (TV).


Sono le sette del mattino ed è il 19 maggio 2027. La tua sveglia intelligente ti strappa ad un sonno senza sogni e cadi giù dal letto, mentre la casa prende vita. La luce del bagno si accende da sola e la doccia comincia a scaldare l'acqua. Dai un'occhiata al telefono che ti fornisce tutte le informazioni sulla tua notte grazie ai sensori: la qualità del sonno, sudorazione, umori, pressione sanguigna, analisi biochimica, ti siedi sul water che analizza urine e feci e comunica al tuo smartphone il tuo stato di salute. Dopo esserti lavato, ti butti addosso una maglietta cucita su misura per il tuo corpo (unica senza eguali). Ti rechi in cucina che non è più una parete attrezzata come avevi 10 anni prima, ma semplicemente una piccola cassettiera con pastiglie di vari colori e barrette (pasti sostitutivi) combinate appositamente per la tua colazione, vengono messe in un piccolo contenitore e che il tuo smartphone ti informa con che ordine assumerli. Senti la macchina che si accende in garage, pronta a portarti fino allo stabilimento che gestisci, dove, a detta del tuo telefono, una delle macchine non funziona bene.


Andare concretamente fino al tuo posto di lavoro è diventata un'occasione davvero rara per te—in genere lo stabilimento sa prendersi cura di se stesso. "Che rottura di palle," mormori, mentre la tua auto fa manovra da sola fuori dal garage. "Perché questi aggeggi non fanno mai quello che devono?". Benvenuto nella vita dopo la quarta rivoluzione industriale, dove tutti gli oggetti che usi quotidianamente sono personalizzati e in continuo contatto al tuo servizio (speriamo ma dipende molto da noi).


Permettetemi una barzelletta: un uomo, una macchina e un cane, ecco come sarà fatta la fabbrica del futuro. La macchina lavorerà, l’uomo darà da mangiare al cane e il cane controllerà che l’uomo non tocchi la macchina.

Le tecnologie interessate a questo cambiamento sono molte e la prima cosa importante da sottolineare è che queste saranno connesse tra loro, formando un vero e proprio ecosistema, in questo aspetto risiede la novità e la forza di questa rivoluzione.

Fondamentalmente le piattaforme tecnologiche dell’industry 4.0 possono essere divise in quattro grandi categorie.

  • Tecnologie di produzione digitale o a controllo numerico (torni, stampanti 3d, frese, laser cutter, ecc), ovvero macchine che collegate ad un computer eseguano delle operazioni senza l’ausilio dell’uomo.

  • Tecnologie di raccolta dati ambientali (sensori), ovvero dispositivi in grado di raccogliere dati e informazioni dalle macchine, dall’ambiente e dai comportamenti umani.

  • Tecnologie di cloud computing e storage (La pratica di utilizzare una rete di server remoti ospitati su Internet per memorizzare, gestire e elaborare dati, piuttosto che un server locale o un personal computer.), ovvero tecnologie che permettano archiviazione ed elaborazione dei dati in cloud, accessibili dall’ecosistema.

  • Tecnologie di Internet of Things, tecnologie (micrcocontrollori, microprocessori, gateway) che permettano il trasferimento dei dati dall’ecosistema al cloud e viceversa.

  • Tecnologie robotiche e di automazione, ovvero tutte quelle tecnologie hardware programmabili e universali che sostituiranno l’uomo.

  • Tecnologie di intelligenze artificiale, ovvero software in grado si sostituirsi all’uomo nell’analisi di dati

Secondo un rapporto della McKinsey uscito qualche anno fa, il 51 per cento delle attività lavorative svolte negli Stati Uniti potrebbe venire delegato alle macchine, dai computer ai robot, con un adattamento delle tecnologie già inventate e collaudate. E un’indagine della società internazionale Manpower Group sostiene che il 67 per cento dei lavori svolti dalla Generazione Z, i nati dalla fine degli anni 90, non esiste ancora, non ha un nome, non è stato nemmeno inventato. Il fenomeno del “populismo” è racchiuso in questi due numeri. Stiamo vivendo uno dei più grandi sconvolgimenti della nostra storia, paragonabile a quello della rivoluzione industriale. In alcuni settori l’effetto è quello di una bomba atomica: il 78 per cento dei «lavori fisici con operazioni prevedibili» può essere sostituito dalle macchine. Sono i famigerati «maschi poco istruiti che svolgono lavori manuali», gli elettori più convinti di Trump, i portatori del ceppo più forte e puro del germe populista. Non vengono sostituiti dai cinesi, ma dalle macchine, e la robotizzazione sta già mietendo vittime umane anche negli opifici dell’Asia.


Dietro di loro nella lista della liquidazione ci sono le mansioni di raccolta e processo dei dati, 64-69 per cento: commercialisti, contabili, receptionist, impiegati di tutte le razze, pubblici e privati, back office, segreterie e sportelli bancari (uno sportello bancomat vale 4 impiegati). Non più proletari, ma colletti bianchi, persone che si vestono bene per andare in ufficio, dipendenti qualificati e disciplinati che una volta erano mariti da afferrare al volo e oggi sono appetibili quanto un cd con il Windows 95. Cioè, il ceto medio, i figli e nipoti dei contadini inurbati, il grande successo della società di massa del Novecento, cittadini modello, consumatori felici ed elettori civili, il «tipo bianco di mezz’età che da fuori può sembrare privilegiato, ma vede il suo mondo sconvolto dai cambiamenti economici, culturali e tecnologici», come lo ha definito nel discorso d’addio Barack Obama.


Secondo le stime del rapporto sull’automazione e l’intelligenza artificiale, dal 9 al 47 per cento dei lavori che conosciamo oggi è destinato a sparire, e ai figli della Generazione Z il mestiere del cassiere suonerà misterioso ed esotico quanto quello della balia, della merlettaia o degli spazzacamini. E questo senza contare i lavori già spariti. Chi si ricorda l’ultima volta in cui è andato in un’agenzia di viaggi a prenotare un aereo? O a prelevare dei contanti in banca? O a consultare un testo in una biblioteca? La Generazione X si ricorda ancora le dattilografe, i tipografi e i noleggiatori di videocassette, i loro figli non sapranno forse nemmeno chi fossero i conducenti di taxi.

Questo è quanto accadrà nei prossimi 4/10 anni, il termine "rivoluzione industriale" evoca probabilmente ricordi annebbiati di noiose lezioni di storia. Non c'entrava qualcosa un motore a vapore? Sì, c'entrava—e nei due secoli successivi dalla nascita della produzione di massa dovuta alla tecnologia a vapore di James Watt, ce ne sono state altre due: una alla fine del 1800, i cui temi erano la corrente elettrica la divisione del lavoro, e una alla fine del 1900, con l'ascesa della tecnologia informatica. Sei anni fa i tedeschi ne hanno predetta una quarta, una che promette di trasformare drasticamente il posto di lavoro e di far sì che l'intero mondo degli oggetti giri intorno a te.

Con il vapore e l’automazione (Industry 1.0) abbiamo abbandonato i campi e popolato le città; con l’elettricità (Industry 2.0) abbiamo modificato il rapporto tra giorno e notte e delegato alle macchine (elettrodomestici) molti compiti che prima gravavano sulle nostre spalle; con la prima digitalizzazione e l’informatica (Industry 3.0) abbiamo messo in discussione i concetti di informazione, editoria, leadership, geografia e molto altro ancora. Oggi con si affaccia l’Industry 4.0: cosa potrà cambiare di profondo con l’avvento di questa quarta rivoluzione industriale?

Al di là dei vantaggi per l’industria e per la produzione di beni fisici, secondo molti studiosi questa digitalizzazione delle fabbriche andrà a modificare il nostro rapporto con il lavoro. In questo senso l’Industry 4.0 è una rivoluzione sociale prima che tecnologica.

Insomma, i robot, i sensori, le stampanti 3d, tutti collegati in rete al cloud lasceranno poco spazio all’umano tra le macchine delle fabbriche, i big data, le intelligenze artificiali, metteranno a repentaglio la nostra permanenza anche negli uffici. Non c’è nulla di preoccupante, non è la prima volta che l’umanità affronta questi cambiamenti profondi, la trasformazione ci deve spaventare se non la sosteniamo e promuoviamo.




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